IL Salvatore – ovvero come Carmine divenne santo agli occhi della Wilma

mi è stato chiesto di raccontare, per l’ennesima volta, la storia di come cambiai il mio nome in “salvatore”.

tutto cominciò con un invito al lago da parte del cits.in programma c’era di passare la giornata a LIMONE SUL GARDA dove avremmo incontrato Caccia e Sabrina. partimmo da Milano in quattro: io, il cits, tano e la sua ragazza. la giornata passò come previsto con un pranzo luculliano nella trattoria di amici del cits. ricevemmo l’invito a passare a casa degli zii di caccia per concludere il pomeriggio e rifocillarci prima di tornare a casa. anche qui tutto bene, ma proprio qui che ha inizio la storia.
Sabrina non si sente molto bene e non pensa di poter guidare fino a Milano. si fa una ricerca tra i presenti e scartato il cits perché doveva fare da copilota a tano, non resto che io. per me non ci sono grossi problemi, ma per la mamma di caccia sembra di si. prima di dare il suo beneplacito mi fa un interrogatorio di terzo grado, tanto che sono quasi tentato di dire no. in ogni modo sembra che io abbia passato l’esame. si può partire.
in macchina mi trovo cosi con sabrina alla guida , lo spatentato caccia come copilota e sua madre come compagna di viaggio sul sedile posteriore. mi stavo dimenticando di dire che la macchina era una vecchia ritmo marrone scuro che meriterebbe un racconto tutto suo, ma sicuramente non spetta a me farlo. partiamo.
sabrina guida fino all’autostrada, perché sotto sotto non si fidano di farmi guidare sulla statale che costeggia il lago. io lo capisco e non me la prendo. potrò ammirare il paesaggio con tranquillità. la prima cosa che mi colpisce, però, non è il paesaggio ma il fatto che la macchina mi sembra salire su di giri in quarta.
arriviamo in autostrada, qui avviene lo scambio di posto tra me e sabrina, ed io subisco l’ennesimo interrogatorio da parte della madre di caccia. sembra essere innervosita dal fatto che non mi sia allacciato la cintura appena seduto al posto di guida. mi è toccato spiegarle che prima volevo sistemare il sedile e gli specchietti. sembra capire le mie ragioni, ma non ne sono sicurissimo. ripartiamo.
la prima cosa che noto è che la macchina a cinque marce. ma come sabrina al massimo a messo la quarta! stupito chiedo chiarimenti a caccia. mi sento rispondere da sabrina che non si sentiva sicura ad innestare la quinta. cavolo, ora che lo so sono un po’ più felice di essere giunto sano e salvo fino a qua, e d’essere io alla guida ora. in ogni modo, caccia mi avverte di non superare i 100 km/h. vorrei dirgli di non preoccuparsi che non era proprio nelle mie intenzioni correre con quella macchina e con quei passeggeri.

il cielo limpido del giorno lascia spazio ad enormi nuvoloni carichi di pioggia. mentre procediamo faccio notare a caccia di aver sentito uno strano rumore. una specie di toc, come se qualcosa avesse colpito l’auto. caccia mi rassicura dicendomi che deve essere il cuscinetto rotto di una delle ruote. inizia a piovere. la macchina si fa più scorbutica da guidare. io rallento. la cosa sembra migliorare, ma questa sensazione dura poco. rallento ancora, nulla. smette di piovere. decido che non si può andare avanti cosi. bisogna fermarsi e dare un’occhiata all’auto e vedere perché il volante balla cosi tanto. per fortuna l’autogrill è vicino sarà ad un centinaio di metri, avverto che ho intenzione di fermarmi.
tutti sembrano essere d’accordo. accendo la freccia per immettermi nella corsia che porta all’autogrill di Dalmine. mi sento un po’ più tranquillo. cavoli… la macchina dal mio lato si butta giù. non capisco cosa sia successo. il mio unico pensiero e non sbattere contro il guard-rail che si sta avvicinando. non sento più nulla.sono tutt’uno con l’auto. tolgo il piede dall’acceleratore e aspetto che la macchina si fermi tenendo sempre d’occhio il guard-rail. la macchina si ferma.

siamo ad una quarantina di metri dall’uscita dell’autogrill. non siamo entrati. siamo sulla corsia lenta dell’autostrada. non c’è la corsia d’emergenza in questo tratto. mi risveglio dal mio stato di trance. guardo caccia e gli faccio cenno che sarebbe meglio scendere e cambiare la ruota che deve essere scoppiata. lui mi guarda sbalordito. ma quale ruota bucata, non hai visto che si è staccata ed ha iniziato a rotolare in mezzo all’autostrada, questo è quello che mi dice. lo guardo più sbalordito io. scendo e vedo che la ruota non c’è. terrore. spero che la ruota non abbia creato problemi agli altri automobilisti. un pensiero mi colpisce. non so perché mi aspetto una multa salata ed il ritiro della patente.
intanto le macchine ci sfrecciano attorno. bisogna segnalare la macchina. dobbiamo mettere il triangolo, ma prima è meglio far allontanare sabrina e la madre di caccia. le mandiamo a cercare aiuto all’autogrill. non troviamo il triangolo. forse lo possiamo comprare all’autogrill. lasciamo la macchina con le quattro frecce e le luci accese e speriamo in bene. non lo troviamo. provo a chiedere in giro. un a coppia di camionisti è si offre di caricare la macchina sul loro camion, ma ahimè sono nella direzione opposta, però convincono il benzinaio a vendermi il suo. torno indietro, ed insieme a caccia vado a posizionarlo. io stringo al petto il triangolo aperto mentre caccia con la torcia segnala la nostra presenza alle auto che sopraggiungono.
un camion si avvicina, forse un po’ troppo veloce. ci avrà visto? ma sì che ci ha visto. si avvicina ancora e non da segno di voler cambiare corsia. no ma si sposta non ti preoccupare. non si sposta. è sempre più vicino. saltiamo oltre il guard-rail. ci rialziamo e facciamo giusto in tempo a vedere il camion sfiorare la macchina.

posizioniamo il triangolo. stridere di ruote che si bloccano sull’asfalto. d’istinto ci lanciamo verso il guard-rail. una voce ci grida di spostarci mentre un’altra ci chiede cosa facciamo la. è arrivata la stradale. raccontiamo la nostra storia velocemente mentre loro dispongono le fiaccole e chiamano il carro-attrezzi. ci mandano ad aspettare all’autogrill. arriva il carro-attrezzi. carica la macchina. io e caccia non ci stiamo nell’abitacolo del carro-attrezzi, quindi saliamo in macchina. si riparte.
il lampeggiante mi sta tirando scemo. ci fermiamo quasi subito. cosa sarà successo ora. il meccanico scende e carica la nostra ruota che educatamente si è messa ad aspettarci, senza fare danni, sulla corsia d’emergenza.
si riparte. al casello paghiamo il pedaggio. farebbe quasi ridere la scena di noi che dall’auto ci sporgiamo per consegnare tagliando e soldi al casellante.

arrivati dal meccanico iniziano le telefonate. ci vene a recuperare il padre di caccia. per chi avrà pensato che qui termina la storia si dovrà ricredere.
il padre di caccia arriva con il suo taxi. facciamo quattro chiacchiere per far passare il tempo. in tangenziale. ci sono dei lavori in corso. un newjersy delimita la deviazione. sono tranquillo. ci avviciniamo. e mi sale l’ansia. mi ripeto che ora il padre di max si sposterà. nulla. ci avviciniamo. l’ansia lascia il posto alla paura. sto per gridare ma qualcuno lo fa prima di me. caccia e sua madre gridano di girare. il padre lo fa giusto in tempo per vederlo scorrere affianco a noi, forse un po’ troppo vicino. occhei. questa notte non sarà una notte tranquilla.

arrivati a casa di caccia la madre prepara una camomilla nella speranza che riporti un po’ di calma tra noi ed intanto mi fa i complimenti per come ho salvato a loro la vita. andiamo a dormire, ma chi riesce a riposare. alle sei siamo tutti in piedi. bisogna accompagnare caccia a prendere il pullman per tornare a Trento. sabrina ed io lo accompagniamo. saluto la madre di caccia che mi battezza salvatore.

saliamo nella macchina di sabrina. incrocio. il semaforo è giallo. c’è una macchina della polizia parcheggiata davanti al bar in prossimità dell’incrocio. sabrina non rallenta. semaforo rosso. dal bar esce un poliziotto, in mano ha una brioche ed una tazza fumante. ci guarda, almeno credo. semaforo ancora rosso. incrocio. passiamo. il poliziotto mi sembra strabuzzare gli occhi, ma ormai ci stiamo allontanando. non ci seguono. arriviamo al pullman. salutiamo caccia.
sabrina si offre di riaccompagnarmi a casa. io ho ancora impresso la faccia del poliziotto nella mente. ringranzio ma rifiuto. troppe emozioni, è meglio se torno a casa a piedi.